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“La Resistenza fu un grande moto civile e ideale ma innanzitutto popolo in armi”

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Palazzo del Quirinale, 25/04/2014

Introduzione a cura di Fabio Gallo – Troppo spesso dimentichiamo i grandi sacrifici cui i tempi hanno sottoposto i nostri cari italiani, i nostri Padri e le nostre Madri che insieme a migliaia e migliaia di Bambini, Anziani e giovanissimi, hanno dato la vita per riscattare la nostra attuale libertà. Riportare il pdiscorso del Presidente della Repubblica per intero è un atto di ossequio a questa persone che la storia tende a dimenticare. Bene fanno i nostri fratelli Ebrei a ricordare sempre quanto accaduto di ingiusto, di grave e ancora oggi insopportabile solo a pensarlo, a tanta gente per bene. Ricordo un uomo per tutti: il papà del cardinale Andrea Cordero Lanza di Montezemolo ucciso insieme a tanti innocenti nelle fosse Ardeatine. Dobbiamo anche noi italiani di fede cristiana il massimo rispetto ai caduti nel corso della Resistenza. E anche a coloro i quali oggi, ancora, trovano forza e coraggio per testimoniare. Ora, però, tocca a tutti noi non dimenticare e ricalcare questi drammi ogni giorno sulla lavagna della Memoria umana. Fabio Gallo – Fondatore della “Carta della Pace” per la Tutela della Memoria, dei Diritti dell’Uomo e dell’Ambiente”.

Dall’Ufficio Stampa del Quirinale – Anche quest’anno, l’incontro con le rappresentanze delle associazioni partigiane, combattentistiche e d’Arma, e insieme della Confederazione italiana tra le associazioni combattentistiche e partigiane, costituisce la cornice più degna e significativa per la celebrazione del 25 aprile, festa della Liberazione. Per una celebrazione che veda uniti, nella persona del Capo dello Stato le massime istituzioni della Repubblica, e in tutti voi quel mondo associativo che racchiude in sé l’universo dei valori storici del patriottismo, della lealtà verso la nazione e della combattiva difesa dei suoi interessi, della sua dignità, della sua sicurezza.

Nel celebrare, nel 2010 e 2011, il Centocinquantenario dell’Unità d’Italia, abbiamo potuto verificare, con profonda soddisfazione, come sia rimasta viva e operante quella riscoperta del senso della patria che, dopo la rovina del nazionalismo fascista, fu un frutto prezioso della Resistenza, in un rinnovato legame con la tradizione del Risorgimento. Un senso della patria che venne riscoperto in uno col valore della libertà, divenendo sostrato essenziale della costruzione – a partire dal 25 aprile 1945 – della nuova Italia democratica, repubblicana, costituzionale.

I valori e i meriti della Resistenza, del movimento partigiano, dei militari schieratisi nelle file della lotta di Liberazione e delle risorte forze Armate italiane, restano incancellabili, al di fuori di ogni retorica mitizzazione e nel rifiuto di ogni faziosa denigrazione : e a voi, alle vostre associazioni, tocca portare avanti una meritoria opera di trasmissione di quei valori e di quella complessa e drammatica esperienza in un rapporto che va sempre ristabilito con le generazioni più giovani.

La Resistenza, l’impegno per riconquistare all’Italia libertà e indipendenza, fu nel suo insieme un grande moto civile e ideale, cui parteciparono in vario modo le popolazioni delle regioni occupate dalle forze della Germania nazista. Ma fu innanzitutto – non sembri superfluo sottolinearlo – popolo in armi, mobilitazione coraggiosa di cittadini, giovani e giovanissimi, che si ribellavano all’oppressione straniera, di italiani che uscivano dalle dure vicende della guerra fascista e riprendevano le armi per la causa della liberazione dell’Italia e dell’Europa dal totalitarismo e dal dominio tedesco. E non mancò l’apporto delle donne che nel ’44 si costituirono nelle regioni del Nord in “Gruppi di difesa delle donne”.

Lo stesso fondamentale obbiettivo di un futuro di pace esigeva una mobilitazione armata, che si avvalesse delle nostre migliori tradizioni militari. Non c’era spazio per un’aspirazione inerme alla pace ; l’alternativa era tra un’equivoca passività e una scelta combattente. Fu quest’ultima che risultò decisiva per restituire dignità nazionale all’Italia. Esitazioni e ambiguità furono spazzate via con la dichiarazione di guerra alla Germania, il 13 ottobre 1943, da parte del nuovo governo italiano ; e il conseguente riconoscimento del pur anomalo status di paese cobelligerante, di fatto partecipe dell’alleanza antifascista, consentì all’Italia di prendere il suo posto nel futuro dell’Europa e dell’intero mondo democratico.

Il 6 giugno prossimo avrò l’onore di rappresentare l’Italia – su invito del Presidente della Repubblica francese – alle solenni celebrazioni in Normandia del settantesimo anniversario del grandioso e decisivo sbarco alleato. E vi parteciperò in nome di un popolo che aveva rotto nel 1943 con il fascismo e con l’asservimento alla Germania hitleriana, e in nome delle nostre nuove forze armate nazionali che allora già combattevano in Italia insieme con le forze anglo-americane. Due giorni prima dello sbarco in Normandia, il 4 giugno del 1944, le forze alleate entrarono in Roma come liberatrici anche grazie all’eroico contributo della Resistenza romana.

Sono, questi, dei decisivi momenti che vanno sempre ricordati insieme a tanti altri che segnarono il cruciale periodo tra l’8 settembre 1943 e il 25 aprile 1945. Momenti di umiliazione dapprima e quindi di riscossa ; momenti di lotta vittoriosa e di terribile sacrificio. Il sacrificio, sopra ogni altro, di quanti pagarono il prezzo di feroci e vili ritorsioni : saluto i molti nostri ospiti che rappresentano oggi qui tante tappe di quel duro e doloroso cammino. Saluto in primo luogo – perché meritano una riparazione per l’aver lasciato, tutti noi, troppo a lungo in ombra quella dolorosissima esperienza – i famigliari dei 103 ufficiali del decimo Reggimento “Regina”, che nell’isola greca di Kos nell’ottobre del 1943 furono sommariamente processati e barbaramente trucidati per non essersi piegati alle pretese germaniche di sopraffazione e alle minacce di brutale ritorsione. La grande maggioranza di essi aveva meno di 30 anni. Al loro consapevole e coraggioso comportamento deve andare oggi il nostro omaggio, additandolo come esempio di fedeltà a valori essenziali di coerenza, fierezza e amor di patria. E insieme auspico che le spoglie dei trentasette ufficiali che ancora giacciono in luogo ignoto dell’isola possano presto trovare una degna e onorevole sepoltura, confortata dalla riconoscenza e dalla pietà di noi tutti.

Saluto nello stesso spirito tutti i Sindaci e rappresentanti delle città-martiri delle orrende indiscriminate reazioni di rabbia sanguinaria da parte delle forze di occupazione contro gli italiani che davano prova di fierezza e di amore per la libertà. Parlo delle stragi naziste, dalle più note a tutte le altre, di cui voi, cari invitati, portate testimonianza. D’altronde ho io stesso ripercorso nelle scorse settimane alcuni di quei luoghi e rivissuto alcune di quelle vicende di violenza e di distruzione: da Cassino e Montecassino alle Fosse Ardeatine, vero e proprio sacrario delle vittime di un bestiale antisemitismo.

In questo giorno il mio pensiero va anche alle prove dolorose che seppero affrontare con grande coraggio e spirito di fedeltà alla Nazione i numerosissimi militari italiani che vennero internati in Germania e che non cedettero ad alcuna lusinga, ma scrissero le loro pagine nella storia della Resistenza.

Ma è giusto, a proposito di stragi e massacri nazisti, citare le alte espressioni di omaggio, in chiave non solo di riflessione autocritica ma di nobile manifestazione di un senso di colpa collettivo che sono venute anni fa e ancora di recente da rappresentanti di grande autorità istituzionale e morale della Repubblica federale tedesca : da ultimo, la visita ispirata e commovente a Sant’Anna di Stazzema e l’incontro con la gente del Presidente Gauck, l’abbraccio con cui noi Capi di Stato di due paesi che poi hanno dato molto alla costruzione di un’Europa unita, ci riconoscemmo in valori comuni di libertà e solidarietà.

Purtroppo l’Europa e le sue istituzioni hanno dovuto negli ultimi anni affrontare una crisi finanziaria, economica e sociale da cui ancora faticano a uscire, e una conseguente crisi di fiducia che mette a rischio il lungimirante processo di integrazione avviato all’indomani della seconda guerra mondiale. E invece di un ulteriore sviluppo del processo d’integrazione, anche in senso politico, abbiamo più che mai bisogno per parlare da Europei con una voce sola, per far pesare nei nuovi equilibri globali quelle tradizioni e quelle potenzialità che possiamo ormai esprimere solo unendo i nostri sforzi.

Unendo le nostre forze anche nel campo della difesa e della sicurezza, dinanzi ai molteplici focolai di tensione e di conflitto che si sono venuti accendendo non lontano dai confini dell’Unione Europea. L’Italia e l’Europa sono chiamate a concorrere al superamento di qualsiasi contrapposizione – specialmente, oggi, nell’area del partenariato orientale coltivato dalle istituzioni dell’Unione – ricorrendo a tutte le risorse della diplomazia, attraverso negoziati da condurre con realismo e moderazione. Ma certo non possiamo sottovalutare la necessità di essere in grado di dare un concreto apporto, dove sia necessario – come già lo è stato in varii teatri di crisi – sul piano militare.

Nessuna delle missioni europee e internazionali che sono risultate efficaci – dal Kossovo al Libano – per produrre effetti di stabilizzazione e di salvaguardia della pace, sarebbe stata possibile senza il supporto delle Forze Armate dei nostri paesi.

Dobbiamo dunque procedere nella piena, consapevole valorizzazione delle Forze Armate che continuano a fare onore all’Italia. E desidero non far mancare una parola per come fanno onore all’Italia i nostri due Marò a lungo ingiustamente trattenuti lontano dalle loro famiglie e dalla loro Patria. Dobbiamo procedere in un serio impegno di rinnovamento e di riforma dello strumento militare, razionalizzando le nostre strutture e i nostri mezzi, come si è iniziato a fare con la legge in corso di attuazione, e sollecitando il massimo avanzamento di processi di integrazione al livello europeo. Potremo così soddisfare esigenze di rigore e di crescente produttività nella spesa per la Difesa, senza indulgere a decisioni sommarie che possono riflettere incomprensioni di fondo e perfino anacronistiche diffidenze verso lo strumento militare, vecchie e nuove pulsioni demagogiche antimilitariste.

In questo impegno, e nella riflessione che lo sostiene, attingiamo certamente alla lezione e all’esempio della Resistenza, dando anche questo senso profondamente attuale all’odierna celebrazione del 25 aprile.

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