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Intervento del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella alla Cerimonia di apertura della 39° Conferenza FAO

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Signor Presidente della Conferenza,

Signor Direttore Generale della FAO,

Presidente Bachelet, Eccellenze, Signore e Signori,

ho accolto con grande piacere l’invito del Direttore Generale, José Graziano da Silva, di partecipare alla 39ma sessione della Conferenza dell’Organizzazione per l’Alimentazione e l’Agricoltura, nell’anno in cui ricorre il 70° anniversario della sua fondazione avvenuta, come per l’Organizzazione delle Nazioni Unite, nel 1945.

L’Italia è onorata di ospitare la sede centrale della FAO, dal 1951, e di concorrere alla realizzazione della sua importante missione, alla quale contribuiscono tanti nostri connazionali.

E’ giusto riconoscere oggi la lungimiranza dei fondatori di questa Organizzazione, e il nostro debito nei loro confronti.

La FAO, infatti, ha posto le basi di un sistema ove gli Stati possono collaborare proficuamente per perseguire l’obiettivo della libertà dalla fame.

E non si tratta, in tutta evidenza, di una questione separata rispetto alle tensioni sociali e alle minacce globali: la fame è causa concorrente o scatenante di violenze e anche di guerre, e contrastarla è una preziosa opera di pace.

E’ un delitto trasformare cibo e acqua in strumenti di conflitto. Al contrario, sono testimonianza della indivisibilità del destino dell’umanità.

La FAO è la colonna portante di un’attività della comunità internazionale che si fa inevitabilmente sempre più complessa.

Il diritto al cibo e all’acqua sono iscritti dentro un più ampio diritto alla vita, e sorreggono un’idea di “sicurezza umana” che richiede cooperazione tra Stati, sviluppo sostenibile, riduzione delle disuguaglianze, lotta contro le povertà, impegno contro le alterazioni climatiche, contrasto delle ragioni e delle conseguenze dei disastri naturali, tutela delle biodiversità.

Sono parole che oggi significano: pace. Sono la sfida di oggi.

Signore e Signori,

quindici anni fa la Dichiarazione del Millennio delle Nazioni Unite indicava alcuni traguardi ambiziosi: primo fra tutti ridurre della metà, entro il 2015, la povertà estrema e la fame, nella prospettiva di un completo sradicamento della malnutrizione.

Sono lieto di salutare il risultato che verrà celebrato domenica 7 giugno, quando 72 Paesi riceveranno un riconoscimento per aver raggiunto l’obiettivo del dimezzamento del tasso di denutrizione.

E’ un risultato imponente che premia gli sforzi fatti: nel 1990 il numero degli affamati superava il miliardo di essere umani. Oggi, nonostante l’incremento della popolazione, è diminuito in misura rilevante.

La strada da percorrere rimane lunga. Non possiamo dimenticare che 800 milioni di persone – inclusi 160 milioni di bambini minori di cinque anni ˗ vivono ancora nella disperazione non avendo il cibo per nutrirsi. O non avendone a sufficienza per crescere sani e vivere da uomini liberi.

La Seconda Conferenza Internazionale sulla Nutrizione, organizzata congiuntamente dalla FAO e dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, e svoltasi a Roma nel novembre 2014, è stata un evento importante per aggiornare la strategia internazionale contro la fame.

La Dichiarazione di Roma, adottata in quell’occasione, ha, infatti, rilanciato l’impegno dei governi a favore della sicurezza alimentare, nella consapevolezza che la malnutrizione non colpisce soltanto le singole persone, in particolare le più vulnerabili come i bambini e le donne, ma rappresenta anche un pesante fardello per lo sviluppo socio-economico dei Paesi che ne sono afflitti.

Le disuguaglianze, anche quelle interne, non sono un prezzo necessario per la competizione e la crescita. Al contrario, disuguaglianze ed esclusioni aprono fratture sociali e deprimono le potenzialità di sviluppo. Colpiscono, in particolar modo, proprio la sostenibilità dello sviluppo.

A questo proposito, particolarmente significativo è l’impegno della FAO volto a costruire, attorno al tema dello sviluppo agricolo sostenibile, un contesto favorevole anche dal punto di vista sociale, politico e giuridico.

Per spezzare il circolo vizioso della povertà e della fame nei Paesi in via di sviluppo è infatti opportuno affiancare, agli indispensabili interventi nel settore agricolo una riflessione sulle misure più appropriate nel campo della protezione sociale, a partire dal sostegno ai piccoli agricoltori e alle loro famiglie.

Di pari passo, nelle regioni rurali più povere, caratterizzate spesso da un’agricoltura a conduzione familiare, va sostenuta un’equa distribuzione delle terre e un accesso più diretto ai mercati per i prodotti che vengono coltivati.

Altrettanto cruciale è favorire il rafforzamento del ruolo delle donne, le quali contribuiscono in modo sostanziale ad accrescere la produttività, a ridurre la malnutrizione e a migliorare le condizioni di vita generali.

In molti casi, purtroppo, le donne sono ostacolate nell’accesso a strumenti e tecnologie produttive; incontrano maggiori difficoltà per ottenere credito; subiscono discriminazioni nel campo dell’istruzione.

Sconfiggere la povertà e la malnutrizione è possibile. Difficile ma possibile.

L’umanità non può rinunciare a questo traguardo. Non ci sarà mai vera pace se permarranno queste disparità.

Le nazioni devono far prevalere la solidarietà sull’egoismo.

Il dialogo e la cooperazione possono battere il fanatismo e la sopraffazione.

La solidarietà comincia dal far fronte alle conseguenze dei disastri naturali, resi più frequenti dai mutamenti climatici, e agli effetti delle emergenze create da instabilità e conflitti.

La comunità internazionale deve essere pronta ad intervenire efficacemente non solo con misure di assistenza umanitaria, ma anche con progetti che rafforzino, nelle regioni a rischio, la capacità delle popolazioni di prevenire e affrontare le crisi e le calamità.

Signore e Signori,

accanto alla Conferenza di oggi, nella seconda metà del 2015 sono in programma eventi di grande importanza per la comunità internazionale: la Conferenza di luglio ad Addis Abeba sul Finanziamento dello sviluppo, il Vertice ONU di settembre a New York per definire la nuova Agenda dello sviluppo sostenibile, la Conferenza di dicembre a Parigi sui cambiamenti climatici.

La posta in gioco è altissima: tocca alla nostra generazione il compito storico di sconfiggere la fame, tocca a queste classi dirigenti mondiali far crescere, finalmente, la generazione “Fame zero”.

Se fallissimo, potremmo precludere il successo anche a chi verrà dopo di noi.

Sono convinto che ce la faremo. Ma dobbiamo essere consapevoli che porre fine alla povertà e alla fame, salvaguardare l’ambiente, garantire un futuro alle nuove generazioni, contrastare le esclusioni sociali, richiede una strategia globale.

Del resto povertà, diseguaglianze e disoccupazione sono mali che riguardano ogni Paese, indipendentemente dal grado di sviluppo. Sono piaghe che, in diversa misura, affliggono tutti.

Allo stesso modo, problematiche come quelle del clima, della scarsità di risorse naturali, dell’insicurezza alimentare ed energetica hanno conseguenze per tutti, a tutte le latitudini.
Il mondo è cambiato e, di fronte a simili sfide, all’azione della comunità internazionale non basta più la vecchia dialettica Nord-Sud.

Il mondo interdipendente richiede da ciascuno un di più di responsabilità. La governance globale rischia altrimenti di diventare impossibile.

E’ tempo di mettere in comune, con intelligenza e solidarietà, le risorse, le esperienze e le conoscenze di tutti, ciascuno secondo le proprie possibilità.

L’Italia, come la FAO, in appoggio alla FAO, è fortemente impegnata a contribuire all’elaborazione dell’Agenda universale per lo sviluppo, che, dopo il 2015, dovrà incrementare gli Obiettivi del Millennio.

Desidero ringraziare il Direttore Generale, José Graziano da Silva, per la sua azione diretta a nuovi traguardi di crescita, a cui va il nostro sostegno.

L’orizzonte è stato indicato dalle parole del Segretario Generale dell’ONU: bisogna porre “le persone e il pianeta che ci nutre in posizione centrale”.

La persona e il pianeta.

Il futuro possibile invece di un presente che tende a consumarne ogni risorsa.

La nuova agenda deve fondarsi sul rispetto dei diritti umani e deve essere sorretta da uno spirito di collaborazione tra governi, organismi internazionali, imprese private e comunità locali.

Non ci sarà pace nel mondo finché non verrà pienamente assicurato il diritto al cibo e all’acqua, finché la battaglia contro la povertà non diventerà una strategia capace di rimuoverne le cause strutturali.

Occorre un modello di sviluppo umano inclusivo, che riconosca l’importanza dei valori di equità e uguaglianza e che promuova economie sostenibili.

La sostenibilità non è decrescita: la sostenibilità è, al contrario, la nuova frontiera dell’innovazione sulla base di una maggiore equità sociale, territoriale e generazionale.

Lo sviluppo sostenibile è anche la strada maestra per affrontare alla radice l’emergenza dei flussi migratori che oggi, nel Mediterraneo, costituiscono un dramma umano senza precedenti.

Al dovere morale di salvare vite umane, all’impegno di accogliere coloro che gridano aiuto, alla giusta lotta contro trafficanti di esseri umani e criminali senza scrupoli, tutta l’Europa deve saper aggiungere una strategia che rafforzi la cooperazione con i Paesi di origine e di transito in modo da favorire la loro crescita economica e sociale.

Soltanto contribuendo a migliorare le condizioni di vita di chi oggi fugge da guerre, persecuzioni o carestie sarà possibile contenere le dimensioni di un problema epocale, e con il quale dovremo convivere a lungo. Senza cooperazione tra Paesi e tra Continenti ogni barriera diventerà insicura e finirà per alimentare ulteriormente odii e fanatismi.

Signore e Signori,

poco più di un mese fa è iniziata l’Esposizione Universale di Milano 2015 per la quale l’Italia ha scelto come tema “Nutrire il Pianeta. Energia per la Vita”.

EXPO è offerta come opportunità ai cittadini di tutti i Paesi, ai governi, agli organismi internazionali, alle associazioni non governative, alle imprese, ai corpi intermedi per approfondire le sfide dell’alimentazione e della sostenibilità.

Innovazione, creatività, capacità organizzative, sono messe alla prova in un confronto senza frontiere.
In occasione di EXPO è stata elaborata la “Carta di Milano”, discussa anche al Forum Agricolo Internazionale che ha riunito nei giorni scorsi i Ministri dell’Agricoltura di numerosi Paesi presenti all’odierna Conferenza.

La “Carta” – che afferma il diritto di accesso al cibo sano, sufficiente e nutriente, all’acqua pulita e all’energia – costituirà il lascito dell’Esposizione, come frutto di un lavoro collettivo tra governi, società civile, università e organizzazioni internazionali, nell’ambito dell’importante solco tracciato in questi decenni dalla FAO.

Sottoscrivere la “Carta di Milano” significa confermare che soltanto con un’azione corale, in cui ciascuno faccia responsabilmente la propria parte, si potranno vincere le sfide della denutrizione e dello spreco alimentare, pro¬muovendo un equo accesso alle risorse naturali e una gestione sostenibile dei processi produttivi.

In questo cambio d’epoca siamo chiamati a decisioni davvero storiche.

La Terra, se non correggeremo l’inerzia di questi anni, può perdere funzioni vitali.

Il nostro destino non è scontato. Tocca a noi determinarlo.

Saremo giudicati per la pace che costruiremo o che negheremo.

Vi auguro buon lavoro nella certezza che compirete un passo importante nella giusta direzione.

Confido nel carattere costruttivo della vostra discussione e nelle deliberazioni che adotterete.

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